Papacaibo. Innamorati? Sì, ma di Francois!

vignetta-Bergoglio--400x215 Pronto? Sono papa Francesco.

Eccole, le parole che non vorremmo mai sentire alzando la cornetta. Perché forse in quel momento, assecondando il trillo nelle nostre case, siamo impegnati a mescolare il ragù, a mociare il pavimento, ad affrettarci verso il bagno dopo il caffè mattutino o ad annerire le caselle di un cruciverba proprio attorno alla F di “Primo papa argentino”.  Occupazioni e pensieri troppo prosaici per confrontarsi senza mediazione con il rappresentante di Dio che si materializza improvvisamente nella nostra tromba di Eustachio. E mentre pensi alla faccia allibita con cui i tuoi conoscenti accoglieranno questa notizia, biascichi parole di una banalità sconcertante e ti scopri ad attendere speranzoso che una Raffaella Carrà starnazzante sbuchi da dietro il divano e ti salvi dall’imbarazzo in uno scroscio di applausi.

Sì, ciao Francesco. Sì, sto bene dai. Qualche problemino de sciatica, ma…se tira avanti. Te, come va?

Eppure Bergoglio di telefonate ne ha fatte parecchie, a studenti, disabili, disoccupati, vedove, profughi…Ciascuna riportata a largi caratteri sulla stampa il giorno dopo, corredata dalle interviste ai malcapitati (o fortunati? de gustibus), tutti traboccanti emozione e amore divino. Una mossa geniale da un punto di vista comunicativo, che in un semplice gesto traspone la trascendenza della dimensione religiosa nella quotidianità di un atto banale e comune, recidendo con un atto di forza la tradizionale distanza che le separa (e al contempo le definisce) e assicurandosi con il minimo sforzo un riscontro mediatico tutt’altro che risibile. Una discesa del divino nella più o meno peccaminosa esistenza dei singoli condotta in maniera unilaterale, senza che l’interessato possa né prepararsi al dialogo né tantomeno interrogarsi preventivamente sulla sua desiderabilità.

Ieri sera? Mah..so’ uscito co’ la Sara, niente de speciale… Pizza e cinema.

Ma sul piano della comunicazione main stream questo Papa sembra tutt’altro che uno sprovveduto tutto casa e chiesa, tanto che il Time lo ha definito l’uomo dell’anno e si è pure guadagnato le copertine di Vanity Fair e di Rolling Stone, templi dell’idolatria pop contemporanea più che breviari di catechesi vaticana. Tra le tette di Lady Gaga e l’ultimo jeans sfilacciato di Mick Jagger ora c’è anche il buon Bergoglio, a farci un occhiolino patinato con il suo inconfondibile sorriso paffuto. Dopo aver benedetto intere squadre di calcio, viaggiato con valigette minimal, baciato con ardore ogni forma vivente, portato in spalla agnellini, in braccio pappagalli tropicali, in mano uccellini, aver cinguettato da ogni ansa della rete; Francesco è riuscito a decostruire l’immaginario tradizionale legato alla figura papale, ricollocandosi in maniera eclatante nell’orizzonte pubblicitario codificato dalla società contemporanea e dunque mettendosi nella condizione di raggiungere in maniera empatica ed immediatamente comprensibile un pubblico potenzialmente illimitato. In un campo diverso, ma a sua volta soggiacente a dinamiche consolidate di potere e affetto da un drammatico calo di consensi, Bergoglio sta conducendo la stessa operazione con cui Berlusconi, vent’anni fa, rivoluzionò il mondo della politica, spettacolarizzandolo e (con)fondendone il linguaggio con quello dei talk shows e dei quiz televisivi.

No, tranquillo..l’ho riaccompagnata a casa presto. Sì, certo che m’ha chiesto de sali’. Ma non so’ ‘nnato. Nun me permetterei mai..sì, insomma..nun prima der matrimonio…

Dopo un pontificato difficile e travolto dagli scandali quale quello di Ratzinger (dalle violenze sessuali su minori commesse da preti cattolici al coinvolgimento in sospette operazioni di riciclaggio dei vertici dello IOR), un moto profondo di sfiducia e sdegno nei confronti della Chiesa si stava diffondendo tra i fedeli cattolici e tra le fila della pubblica opinione nei paesi occidentali, portando con sé un corposo calo di partecipazione e fomentando il processo di secolarizzazione della società civile. Quale momento migliore allora per l’apparizione di un buon pastore? Del profeta sorridente e rivoluzionario di una salvezza facile, quotidiana, popolare, di una spiritualità pret-a-porter? Quale immagine migliore di un potente che si abbassa con ostentata modestia al livello del gregge per fermare la crescente deriva neo-pagana e zittire i perplessi?

Ah…c’ hai visto, dici? In salotto?

Probabilmente imputare il cambio di passo della comunicazione vaticana ad un lavorìo segreto di astuti spin doctors è eccessivo, ma allo stesso tempo pare superficiale non attribuire un senso complessivo all’insieme di questi atti mediatici condotti da Francesco, che sembrano tasselli affatto casuali di una strategia precisa. E i risultati numerici del papa-fenomeno sono a dir poco impressionanti. Dal 13 marzo, giorno del suo insediamento, le presenze agli eventi papali sono triplicate, raggiungendo la cifra record di 6,6 milioni di persone. Inoltre, secondo l’analisi condotta da 3rdPlace, “La Rete ama Papa Francesco”, nel periodo marzo-novembre 2013 egli è stato il personaggio con il maggior volume di ricerche mensili su Google (1.737.300) e il più menzionato in rete (oltre 49 milioni) – se confrontato con alcuni leader mondiali quali Barack Obama, Vladimir Putin e Angela Merkel. In Italia invece è interessante notare come il Pontefice ceda il primo posto del podio a Beppe Grillo per numero di ricerche mensili su Google (673.000) e a Silvio Berlusconi per numero di menzioni in rete (982.853). Un successo che si evidenzia ancor più in rapporto alle star dello spettacolo e dello sport: il Pontefice infatti è terzo, dopo gli One Direction (78 milioni) e Justin Bieber (53 milioni), mentre in Italia addirittura domina la classifica con 750.833 menzioni, seguito dagli One Direction, con 596.464 menzioni, e Justin Bieber con 171.330 menzioni. Su Twitter, invece, gli account Pontifex nelle varie lingue, pur avendo una frequenza di pubblicazione media di 0,79 tweet al giorno, mostrano un engagement medio pari a 6.637, mentre l’account di Barack Obama raggiunge un engagement medio di 2.309, nonostante una frequenza di pubblicazione giornaliera media pari a 7,76 tweet. Per quanto riguarda l’Italia, l’utenza che segue l’account del Papa si rivela più attiva anche di quella del leader del M5S, che proprio sulla rete trova la sua forza: nonostante la pubblicazione di circa 53 tweet al giorno, l’account di Beppe Grillo raggiunge infatti un engagement medio di 88 (rispetto a 1.301 dell’account @Pontifex_it). E, per concludere, Facebook, che parla di Sua Santità anche in Sua Assenza: egli risulta il topic più discusso del 2013 e la sua pagina non ufficiale mostra un’utenza fidelizzata percentualmente più attiva (engagement medio 26%) di altri leader (Obama: 2%, Grillo: 22%). [Dati Rainews.it]

Fra’…questo però me sembra un tantino esagerato…

Ma forse il Dio di Francesco è più credibile del Dio della statistica e l’ipotesi di un’intenzionale campagna mediatica può apparire un po’ forzata. Chissà. Lo vedremo con i fatti, al più presto. Quando la suggestiva pratica dell’esempio e la tensione pauperistica lasceranno spazio a pratiche effettive e radicali di ridimensionamento delle gerarchie ecclesiastiche. Quando la retorica del dialogo e dell’uguaglianza non si rivolgerà solo a consolare i bisognosi, ma andrà a vivisezionare le carni marce di quel potere temporale su cui il Vaticano ha costruito nei secoli il proprio impero. Quando gli ammonimenti etici del buon pastore non diverranno più decreti legislativi, condizionando anche le vite di chi non ne condivide alcun tratto. Da atei non vediamo l’ora.

Già stamo sempre videosorvegliati, se te ce metti pure tu, Fra’, con tanto de occhi de Dio, su sta Terra nun se po’ più sta’!

di Klopf

Immagine: blogsicilia.it

2 pensieri su “Papacaibo. Innamorati? Sì, ma di Francois!

  1. Ascoltavo distrattamente il tg delle 14 quando dava la notizia delle bianche colombe liberate dal papa e il cronista si è prontamente messo a considerare il dato che il cielo della Capitale è infestato di uccellacci che si comportano da predatori. Ho valutato quella del cronista una mossa molto abile, capace di deviare l’attenzione dal fatto di per sè altamente significativo perché simbolico a considerazioni di natura scientifica biologica etologica ambientale. Ne consegue che il fatto deprivato del contesto simbolico non ha più alcuna dignità di notizia: due uccelletti rapaci predano in volo due bianchi piccioni (il bianco poi attira i predatori). E’ la storia naturale: i pesci grossi mangiano i piccoli, i rapaci aggrediscono i piccoli animali, i predatori aggrediscono le prede, i forti si mangiano i deboli..è natura. Allora perché farne notizia? La notizia c’è eccome!
    Viviamo in un mondo di simboli, ancora di più in epoche oscure dove la realtà sfugge continuamente e non ci sono chiavi razionali che permettano di interpretarla e di indirizzarla verso il bene comune. Si cercano di interpretare i “segni”, le “coincidenze”, i segnali, le tendenze, le sfumature e di attribuire loro significati predittori, perché il futuro è soprattutto creazione mentale progetto immaginario prospettiva e in fin dei conti speranza. Il linguaggio della Chiesa poi non solo si nutre ma è costituito intimamente di simboli che sono l’essenza della sua comunicazione e della sua rappresentazione..l’ostia la croce i paramenti sacri l’altare il sacrificio la reliquia. Allora ecco il gesto rituale di liberare le bianche colombe: pieno di aspettative di fede e speranza di pace..il bianco la purezza, la forza della debolezza, dell’innocenza..il bene che vince sul male..Dio che vince sul demonio…la chiesa che trionfa..e il futuro diventa liberazione..sono i bambini a liberare le colombe dal balcone papale e il rito si compie e si tramanda di papa in papa, gli viene dato un rilievo mediatico, tra il popolo dei fedeli e non c’è l’attesa e la speranza di un mondo migliore.

    Tutto in questo rito è simbolo e durante il suo compiersi le bianche colombe, bianche come la veste papale, sono aggredite poco dopo il lancio da due uccellacci..una nera cornacchia e un gabbiano..la loro sorte è segnata. E’ evidente il contenuto simbolico dell’accadimento. Siamo nel teatro del rito e qui il cielo da spazio libero e aperto si trasforma improvvisamente in baratro, in abisso per gli innocenti animali. E’ immaginabile che tale collegamento, il presagio che annuncia, non sia sfuggito a nessuna mente pensante e non solo ai più superstiziosi e quindi i più lo abbiano interpretato a modo loro, ma non certo nel modo più edificante. Ed eccoci allora nel cosmo del simbolo che influisce sull’immaginario e sull’immaginario che fa storia.

    Quando i simboli sono consolatori e appaganti allora è opportuno calcare su di essi, ma quando sono presagio funesto è preferibile rimuoverli e svicolare da essi, così come è opportuno per l’informazione rimuovere tutto ciò che turba la serenità idilliaca dei benpensanti e suggerisce una rappresentazione catastrofica dei tempi prossimi a venire. Si prosegua nell’ignorare i problemi e i pericoli che incombono e chi può continui a godere scegliendosi le visioni più consolatorie. Amen

    • Sì, in effetti non è nemmeno la prima volta che il lancio delle colombe si inceppa per fattori “tecnici”. Accadde per ben due volte anche a Ratzinger, che le colombe siano rientrate di corsa nelle finestre papali, rifiutandosi con cocciuta ostinazione di volare nel cielo. Forse qualcosa, nel simbolismo vaticano, nei suoi appelli al pacifismo e ad una edenica purezza, non funziona davvero più. Perfino i simboli, nei secoli così docili, iniziano a ribellarsi.

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